A cavallo tra Toscana, Lazio e Umbria, la Maremma e la Tuscia sono un angolo di Italia ancora poco battuto dal turismo internazionale. Eppure queste aree geografiche con un’anima autentica e verace hanno molto da offrire: dalle dolci colline maremmane alle vallate vulcaniche della Tuscia, c’è una costellazione di borghi arroccati, terme, città medioevali e palazzi rinascimentali che aspettano solo di essere scoperti.
Se tre giorni basteranno per esplorare il meglio della zona, servirà molto meno per innamorarsi dell’antica terra degli Etruschi.
Leggi il mio itinerario: 3 giorni e 14 tappe da non perdere!
Pitigliano
Noto come la Piccola Gerusalemme per la storica presenza di una comunità ebraica da sempre ben integrata nel contesto sociale, Pitigliano è annoverato tra i borghi più belli d’Italia. Insieme a Sorano e Sovana è uno dei paesi dell’area del tufo in quanto, per la facilità di lavorare la roccia vulcanica su cui poggiano, nei secoli, gli etruschi costruirono vere e proprie città sotterranee con cellette, oratori, necropoli e le misteriose “vie cave”, strade scavate nel tufo lunghe fino a 8 km ancora visitabili, che collegano tra di loro i borghi, di cui tutt’oggi non si conosce l’esatta funzione.
Sorano
Chiamato la Matera della Toscana per i numerosi edifici rupestri scavati nel tufo, Sorano è il più antico dei tre paesi. Vittima di un progressivo spopolamento a causa dell’erosione del masso tufaceo, degli smottamenti e delle frane, oggi appare come sospeso nel tempo, con un’atmosfera decadente ma densa di fascino.
Per visitarlo, accedi tramite la Porta Alta e percorri il dedalo di vicoli tortuosi tra le case-torri medievali, i cortili e le logge che conducono fino al Masso Leopoldino, una struttura fortificata nota anche come Rocca Vecchia, la cui terrazza domina il centro storico. Assieme alle mura e alla Fortezza Orsini situata sul punto più alto di Sorano, era parte integrante del sistema difensivo della cittadina. Oggi, non protegge più il borgo da incursioni esterne, ma continua a regalare splendidi panorami sulla valle tufacea che lo circonda.
Sovana
A breve distanza da Sorano si trova l’incantevole borgo medievale di Sovana, anch’esso costruito su una rupe tufacea e parte del circuito dei paesi più belli d’Italia. Dopo aver attraversato il tranquillo centro storico con la Rocca Aldobrandesca – fortificazione che costituiva parte dell’antico castello medievale che, con le mura, difendeva il paese da incursioni nemiche, merita la tappa anche il Parco Archeologico Città del Tufo, dove si trova una delle più importanti necropoli etrusche, a testimonianza dell’ importante presenza del popolo in questa zona.
Cascate del Mulino a Saturnia
Da millenni Saturnia accoglie numerosi viaggiatori, primi tra tutti etruschi e romani, attirati nella località dalle acque solforose ricche di proprietà terapeutiche che, dalla sorgente sul Monte Amiata, attraverso un percorso sotterraneo raggiungono Saturnia, fuoriuscendo ad una temperatura costante di 37,5°C.
Le Cascate del Mulino sono libere e costituiscono un’alternativa ai vicini stabilimenti a pagamento, in particolare per il contesto naturalistico creato dalle acque, che, scorrendo giù da una cascata, nei secoli hanno scavato delle piscine naturali di roccia calcarea nelle quali immergersi per qualche ora di relax. Da provare, esclusivamente la mattina presto (arrivando entro le 9 della mattina), per via dell’affollamento del sito nelle ore centrali della giornata.
Orvieto
È sufficiente la meraviglia del Duomo a giustificare una deviazione in Umbria alla volta di Orvieto. E se non bastasse “il giglio d’oro delle cattedrali” che conserva il ciclo pittorico del Giudizio Universale del Beato Angelico, ti convincerà il belvedere di Terrazza Farnese, punto di osservazione che incontrerai arrivando a Orvieto, con un panorama mozzafiato della città adagiata su una scoscesa rupe tufacea. Ultimo motivo per cui non dovresti assolutamente perdere Orvieto è la visita al pozzo di San Patrizio, un vero capolavoro di ingegneria di inizio ‘500, profondo 54 metri, con due rampe elicoidali a senso unico, progettato per fornire acqua alla città anche in caso di calamità o assedio.
Civita di Bagnoregio
“La fiaba del paese che muore – del paese che sta attaccato alla vita in mezzo a un coro lunare di calanchi silenziosi e splendenti, e ha dietro le spalle la catena dei monti azzurri dell’Umbria – durerà ancora”.
Definito come “la città che muore” dallo scrittore Bonaventura Tecchi per via dell’inesorabile erosione dello sperone tufaceo su cui poggia, Civita di Bagnoregio è un luogo di struggente bellezza, unico per la sua fragilità. Unito alla terra unicamente da un ripido viadotto pedonale, il borgo, che nelle giornate di nebbia sembra letteralmente sospeso nel vuoto, si erge come un isolotto di tufo in mezzo alla suggestiva Valle dei calanchi, un’ampia zona argillosa con creste a forma di lamelle, creata dall’erosione degli agenti atmosferici circa due milioni di anni fa.
Una volta si accedeva all’abitato mediante cinque varchi, mentre oggi la porta di Santa Maria, dove da secoli fanno la guardia due leoni con la testa umana, costituisce l’unico accesso al paese.
La struttura urbanistica dell’abitato è di origine etrusca, ma vestigia romane, portali medioevali e fregi rinascimentali segnano l’antico volto di questo piacevole borgo con i balconi fioriti.
Per arrivare dovrai percorrere il ponte in cemento armato, ricostruito negli anni ’60 dopo che il precedente era stato fatto saltare dai tedeschi durante la II Guerra Mondiale. Questi 300 metri collegano gli 11 abitanti della frazione con il resto del mondo e fungono da varco per i visitatori che possono accedere dopo aver pagato il biglietto di ingresso di 5€ (dalle 8 alle 20). Negli altri orari, l’ingresso è gratuito.
Un consiglio: arrivando al ponte dal paese di Civita, non perdere la vista di Civita dal belvedere, una piazzetta dalla quale ammirare la cittadella e tutta la valle, forse l’aspetto più suggestivo della visita al borgo.
Parco dei Mostri di Bomarzo
Tra i motivi del mio viaggio tra Maremma e Tuscia c’era la visita al Sacro Bosco, il parco realizzato da Pirro Ligorio su commissione del principe Pier Francesco Orsini dedicato alla moglie Giulia Farnese. La costruzione del Parco dei Mostri risale al 1547, ma dopo la morte dell’ultimo principe Orsini fu abbandonato e venne restaurato solo nella seconda metà del ‘900.
Ornato da enigmatiche sculture in peperino – tipico materiale di origine vulcanica del viterbese, ritraenti animali mitologici, divinità, mostri e architetture impossibili, il Sacro Bosco è un unicum il cui significato è oggi ancora ignoto nonostante i numerosi tentativi di spiegare il labirinto dei simboli e iscrizioni.
“Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua, dove son facce horrende, elefanti, leoni, orchi et draghi.”
Un consiglio: oltre a verificare sul sito web, conviene telefonare per verificare l’apertura del sito. Purtroppo la prima volta che mi sono recata la maggior parte del parco era interdetta per via di un set cinematografico, motivo per cui avevo dovuto rimandare la visita. Ho recuperato l’anno successivo ed è stata un’ottima occasione per tornare da queste parti!
Celleno
Posizionato su uno sperone di tufo tra due torrenti che sfociano verso il Tevere, Celleno è stato abitato per secoli, fino a che, martoriato da smottamenti e terremoti, fu dichiarato pericoloso e abbandonato negli anni Cinquanta, quando gli abitanti furono trasferiti nel paese nuovo. Nel 2018 è entrato a far parte dei luoghi del cuore del FAI e da allora i cellenesi si sono messi all’opera per ridare vita al vecchio borgo, organizzando delle visite guidate tra i suggestivi ruderi del suo castello medioevale, delle chiese e dei palazzi in pietra di basalto che popolavano l’abitato.
Tuscania
“Il più bel panorama di tutta Italia: la valle etrusca di Tuscania”, così scriveva lo scrittore Lawrence di questa località costruita su una roccia tufacea, il cui centro storico, racchiuso dalle mura ancora ben conservate, è un piccolo gioiello. Qui il tufo è stato uno dei principali materiali utilizzati per le costruzioni e il colore rossastro della roccia si mescola ai colori dei fiori e dei portoncini delle abitazioni.
Per visitarlo, percorri via Libertà, la strada principale del centro, fino alla Torre di Lavello, che funge da ingresso ad un parco pubblico a ridosso delle mura dal quale si gode la vista del territorio circostante tanto amata da Lawrence. Questo è anche un ottimo punto di osservazione delle due principali chiese della cittadina, la Basilica di San Pietro, attualmente chiusa per restauro, e la Basilica di Santa Maria Maggiore. Accomodati su una panchina e dedicati alla contemplazione.
Vitorchiano
Nei pressi di Viterbo si trova Vitorchiano, tra i più bei borghi d’Italia per l’integrità del nucleo antico e la sua posizione suggestiva.
Questa parte della provincia è stata modellata dall’azione dei vulcani che con le loro colate hanno creato dei depositi di materiali, formando le rupi su cui sorgono tanti borghi della Tuscia; la particolarità di Vitorchiano sta nel fatto che il banco di peperino sostiene gli edifici costruiti direttamente sulla roccia, che quasi sembrano fondersi con essa.
Circondato da una doppia cinta di mura perfettamente conservate, il villaggio è una vera e propria terrazza sulla natura circostante, con tanti affacci che permettono di godere della bellezza del paesaggio boschivo circostante e della sottostante Valle del Vezza. Altra caratteristica tipica del borgo sono i cosidetti profferli, scale esterne tipiche della abitazioni locali, che portano ad un balcone da cui si accede all’abitazione, sostenuto, in genere, da un arco a sesto ribassato.
Viterbo
Nota come la Città dei Papi in quanto fu sede pontificia dal 1257 al 1281, Viterbo è una delle poche città a vantare una cerchia di mura medievali perfettamente conservata. Costruita con la pietra vulcanica locale, si estende per circa quattro chilometri, racchiudendo al suo interno i monumenti di maggior interesse, visitabili nell’arco di una giornata: piazza San Lorenzo con i monumenti simbolo della città, il Palazzo dei Papi, sede del primo conclave della chiesa cattolica e la cattedrale di San Lorenzo, il quartiere medievale di San Pellegrino e le tante fontane della città tra cui quella nel cortile di Palazzo dei Priori in piazza del Plebiscito.
Con un po’ di tempo a disposizione vale la pena fare un giro per la Viterbo sotterranea, esplorando il reticolo di gallerie che si estendono sotto il centro storico e conducono fin oltre la cinta muraria, oppure dedicarsi al relax nelle Terme dei Papi, uno degli impianti termali più antichi in Italia, frequentato dai papi nel Medioevo, con piscina termale, bagno turco in grotta e trattamenti a base di fanghi.
Villa Lante a Bagnaia
Non è tanto il villaggio di Bagnaia a valere la sosta, quanto la visita a Villa Lante.
Per accedervi, supera la piazza principale del paese, sali la rampa di gradini curvi e varca l’arco di pietra che conduce all’ingresso. Sorpresa: non vi è alcuna villa. Villa Lante si compone di due palazzine, chiamate Gambara e Montalto, pressoché identiche, anche se costruite da proprietari diversi in differenti periodi, separate da 30 anni.
La seconda particolarità di Villa Lante è insita nella predominanza del giardino rispetto all’opera architettonica: la vera attrazione è infatti il parco, insieme a Bomarzo, tra i più famosi giardini italiani a sorpresa manieristici del XVI secolo, nel 2011 votato come il Parco più bello d’Italia.
Opera di Jacopo Barozzi da Vignola e dell’ingegnere idraulico Tommaso Ghinucci da Siena, i giardini sono un trionfo di geometria e armonia in cui la protagonista è l’acqua: tutto nasce da un ruscello, che sgorga in alto dalla roccia e, seguendo il pendio del terreno, sfrutta i dislivelli con uno spettacolare sistema di fontane, giochi d’acqua e cascate, fino a placarsi nel quadrato della fontana dei Mori. Un luogo incantato, voluto dal Cardinale Gambara, che passò nel tempo in mano a vari proprietari fino ad arrivare a Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, I duca di Bomarzo, da cui deriva il nome della villa. Dal 2014 è parte del patrimonio del Ministero per i beni e le attività culturali.
Villa Farnese a Caprarola
Non conoscevo Caprarola fino a che su Instagram ho visto un’immagine di Villa Farnese che mi ha incuriosito. Di tutto il mio itinerario è stata una delle tappe più belle!
Pur trovandosi nell’area dell’antico territorio etrusco, Caprarola ha origini più recenti e deve la sua fortuna alla famiglia dei Farnese che per secoli ha avuto in questa zona il centro del proprio potere. Qui, nel 1530 Alessandro Farnese, futuro Papa Paolo, III diede incarico ad Antonio da Sangallo di costruire una fortezza; il progetto passò poi nelle mani del Vignola, che continuò la costruzione di questa superba residenza a forma di pentagono.
Per conferire un ingresso trionfale al palazzo furono abbattute case, chiese e castelli che ridisegnarono il borgo di Caprarola intorno ad una nuova strada, la via Dritta, capolavoro di pianificazione prospettica, che dai piedi della collina sale fino a raggiungere il piazzale antistante la villa, il climax del progetto urbanistico.
Splendidamente decorata da affreschi – i più rappresentativi sono quelli della Stanza del Mappamondo e della Sala di Giove, la residenza vede nella Scala Regia uno degli elementi architettonici più spettacolari. Sovrastata da una grande cupola nel centro della quale è rappresentato lo stemma Farnese, la scala elicoidale a lumaca si snoda dai sotterranei fino al loggiato del piano nobile, con trenta colonne doriche con i gigli farnesiani che si inseguono al di sopra dei capitelli. Racconta la leggenda che il cardinale la percorresse a cavallo per salire al primo piano.
Il percorso prosegue poi nei giardini all’italiana, un vero e proprio complesso monumentale in cui l’architettura del palazzo si prolunga, con sculture, fontane e giochi d’acqua, dove Farnese accoglieva i suoi ospiti. Una curiosità: elemento comune con Villa Lante è la catena d’acqua, un gioco d’acqua che il Vignola aggiunse a molti dei suoi giardini, probabilmente ispirato da quella di Villa d’Este, opera di Pirro Ligorio.
Calcata
A soli 40 km da Roma, su uno sperone proteso sulla valle del fiume Treja si trova il delizioso borgo medioevale di Calcata, la tappa più a sud di questo itinerario tra Maremma e Tuscia, le cui origini risalgono al popolo falisco, coevo degli etruschi, che visse in queste zone tra il VII e VI secolo a.C.
Abbandonato negli anni ’30 del 1900 dalla maggior parte degli abitanti a causa dei ripetuti crolli della rupe, oggi Calcata è conosciuto come borgo degli artisti per la comunità di pittori, musicisti e attori che ha ricominciato a popolarlo intorno agli anni ’60, adibendo cantine e grotte di tufo a botteghe e laboratori.
Ancora oggi visitare il villaggio, tra i più suggestivi del Lazio, equivale a fare un salto indietro nel tempo. Al borgo si accede da un’unica porta, oltrepassata la quale si arriva nella piazza del paese che ospita i due monumenti principali, la Chiesa del S.S. Nome di Gesù e il Palazzo Baronale, che nei secoli è stato ufficio postale, scuola, studio medico e forno pubblico. Da qui si diparte un dedalo di vie che attraverso archi e stretti passaggi conducono al ciglio dello strapiombo che cinge quasi per intero l’abitato, da cui ammirare gli incantevoli scorci sul Parco Regionale in cui il Treja scivola impetuoso.
Per concludere la visita, non può mancare una tappa a La Sala dei 201 Tè, la tisaneria di Gemma, la proprietaria di origine belga che, affascinata dalla magia del luogo, ha lasciato il suo paese per allestire qui un originale locale.
Ti è piaciuto il mio itinerario a cavallo tra Toscana, Umbria e Lazio? Salva la mappa qui sotto con tutte le tappe. Buon viaggio!
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